Luca Ramacci
Brevi note sulla legge 7 marzo 2001 N.78 in tema di tutela del patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale
Ad oltre ottanta anni dalla fine della Grande Guerra, la pubblicazione della legge 7 marzo 2001 n. 78 colma una lacuna da tempo avvertita non solo dagli storici e da numerose associazioni, ma anche da quanti abitualmente od occasionalmente hanno modo di frequentare il vastissimo territorio a suo tempo interessato dalle operazioni militari nel periodo 1915 - 1918.
Quanto rimane ormai sulle varie linee dell'antico fronte (dopo la prolungata esposizione agli agenti atmosferici quasi sempre in assenza di adeguata manutenzione e gli interventi, talvolta distruttivi, degli appassionati ricercatori di reperti) meritava senz'altro l'interessamento, anche se colpevolmente tardivo, del legislatore.
Il territorio interessato dagli eventi bellici, infatti, non manca di riservare ancor oggi sorprese restituendo alla memoria dei posteri significative testimonianze di quel periodo come frequentemente documentato dalla cronaca.
Come si dirà in seguito, le aree ove insistono le opere militari e gli altri manufatti non sono rimaste, almeno in teoria, esenti da tutela grazie a disposizioni di legge ora contenute nel Testo Unico sui Beni Culturali ed ambientali.
La legge n.78, tuttavia, ha inteso non solo riconsiderare alcuni aspetti di tale tutela ma ha anche introdotto norme finalizzate in modo specifico alla conservazione e manutenzione del patrimonio storico della guerra mondiale del 15-18.
Riconoscendo, infatti, il valore storico e culturale di quanto resta nei luoghi della Grande Guerra la legge, nell'articolo 1, comma secondo, promuove non solo la loro manutenzione, il restauro, la gestione e la valorizzazione (peraltro con riferimento ad entrambe le parti coinvolte nello stesso) ma anche la ricognizione e la catalogazione delle stesse.
Si è così manifestata inequivocabilmente la volontà di procedere alla completa individuazione del patrimonio storico riguardante la materia in esame.
Tale patrimonio, peraltro, comprende non solo i beni immobili, quali ad esempio quelli dettagliatamente indicati nelle lettere a) e b) dell'articolo 1, comma secondo, ma anche i beni mobili, i cimeli e gli archivi documentali e fotografici pubblici e privati.
Tale ultima categoria di beni rappresenta, tra quelle elencate, quella forse di maggiore rilevanza storica per l'indubbio contributo che può fornire non solo alla ricostruzione di singoli episodi, ma anche quale testimonianza fedele di eventi solo indirettamente collegati alle operazioni militari (1).
Analoga attenzione viene posta ai cippi, monumenti, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli contemplati espressamente nella lettera c) dell'articolo in questione. A tale proposito, sembra potersi ritenere che tale tipologia di beni comprenda non solo quelli esistenti durante le ostilità, ma anche i cippi i monumenti e gli altri manufatti realizzati nel periodo immediatamente successivo i quali, in quanto direttamente collegati a tali eventi e costruiti nei luoghi ove gli stessi avvennero, ne costituiscono ormai parte integrante e rientrano, a tutti gli effetti, tra le vestigia che la legge intende tutelare.
Nel raggiungimento delle finalità della legge è previsto (articolo 1, comma quinto) che gli enti pubblici, le cui specifiche competenze sono indicate negli articoli successivi, possono avvalersi dell'opera delle associazioni di volontariato, combattentistiche e d'arma "ufficializzando", così, l'azione di quanti già di fatto attivamente operavano per la conservazione della tipologia dei beni in esame.
Tale attività di conservazione viene poi completata attraverso l'espresso divieto, formulato nel comma 5 dell'articolo 2, di alterazione delle caratteristiche materiali e storiche dei beni ed estendendo (comma sesto) anche ai beni di cui alla lettera c), secondo comma (cippi, monumenti, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli) le disposizioni contemplate dall'articolo 51 del D.Lv. 490\99 che richiede la preventiva autorizzazione del soprintendente per il distacco di "affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni tabernacoli ed altri ornamenti esposti o non alla pubblica vista".
L'attuazione dei principi generali della legge in esame indicati dall'articolo 1 si completa, infine, attraverso la promozione - particolarmente nella ricorrenza del 4 novembre - della riflessione storica sulla Prima guerra mondiale e sul suo significato per il raggiungimento dell'unità nazionale considerata dal quarto comma.
In definitiva, dunque, gli interventi disciplinati dalla legge n. 78 riguardano tre diversi aspetti : la individuazione e classificazione del patrimonio, la manutenzione ed il restauro dello stesso nonché la sua gestione e valorizzazione.
Tali interventi, come disposto dall'articolo 2, possono essere eseguiti tanto da soggetti privati (singolarmente o associati: articolo 2,comma primo, lettera a)) quanto da enti pubblici (articolo 2, comma primo, lettere b), c) ed f)).
Significativa, per la corretta qualificazione dei beni oggetto della legge, è la disposizione contenuta nel secondo e terzo comma dell'articolo 2.
Come correttamente osservato (2) i beni presi in esame dalla legge possono essere qualificati quali "beni culturali minori", assoggettati ad un regime meno rigido rispetto a quello imposto per i beni culturali propriamente detti e tale da consentire una più agevole esecuzione degli interventi mediante l'utilizzazione di una procedura non complessa.
Per tali motivi la realizzazione di detti interventi da parte dei soggetti abilitati avviene dietro semplice comunicazione alla competente Sovrintendenza. Tale comunicazione deve essere accompagnata esclusivamente da un progetto esecutivo e da un atto di assenso del titolare del bene ed è assoggettata ad un limite temporale che ne impone la presentazione almeno due mesi prima dell'inizio dei lavori.
Qualora sia richiesto il finanziamento mediante contributo statale, come si dirà in seguito, a corredo della comunicazione dovranno essere allegati altri documenti.
La procedura semplificata appena descritta è destinata tuttavia a convivere con le altre disposizioni in materia come chiaramente precisato dall'articolo 2, secondo comma.
In particolare, laddove il manufatto oggetto dell'intervento sia assoggettabile alle norme contenute nel testo unico sui beni culturali, sarà sottoposto al regime autorizzatorio imposto per le opere da eseguire su tale tipologia di beni, così come non vengono meno le competenze in materia paesistica e quelle proprie del ministero della difesa e del Ministero delle Finanze.
Come è noto, la disciplina dei beni culturali ed ambientali è attualmente regolata dal D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo Unico sui Beni Culturali e Ambientali) (3) attraverso il quale si è operata un'attività di riunione e coordinamento delle disposizioni in materia di beni culturali ed ambientali precedentemente contenute rispettivamente nella legge 1089\39 e nelle leggi 1497\39 e 431\85.
Per quanto attiene, in particolare, ai beni culturali, il titolo I del D.Lv. 490\99 fornisce tra l'altro i criteri per la loro individuazione e specifica la procedura da seguire per l'esecuzione degli interventi. Analogamente, gli artt. 138 e seguenti del medesimo decreto prendono in esame i beni ambientali, la loro individuazione nonché le procedure di gestione di detti beni e per l'esecuzione degli interventi.
La esatta individuazione dell'ambito di operatività della procedura semplificata relativa ai beni contemplati dalla legge 78\2001 non consente, pertanto, equivoci di sorta e rende inevitabile il rispetto della più rigorosa normativa prevista dal citato T.U. ogniqualvolta l'intervento da effettuare vada ad incidere su beni che rientrano nelle categorie in esso contemplate.
Situazioni del genere non saranno rare. Si pensi, ad esempio, all'esecuzione di interventi su edifici di particolare pregio sottoposti a tutela ovvero, alla più frequente ipotesi degli interventi eseguiti in zone sottoposte a tutela paesistica.
Come è peraltro noto, la linea del fronte della grande guerra è ubicato non solo in alta montagna ma anche in altri luoghi che la legge sottopone a tutela. Il citato T.U. del 1999 sottopone infatti alla sua disciplina non solo alcuni beni individuati a seguito di specifico procedimento amministrativo ma anche altri che in base alla legge per le loro stesse caratteristiche, sono ritenuti (entro certi limiti) come meritevoli di tutela. Essi sono dettagliatamente indicati nel primo comma dell'articolo 146 come segue:
a) territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) ghiacciai e circhi glaciali;
f) parchi e riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
h) aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
l) vulcani;
m) zone di interesse archeologico
Come appare evidente dalla semplice elencazione delle aree, frequentemente l'intervento da eseguire potrà essere sottoposto al più rigoroso regime previsto dal T.U. per i beni ambientali che non solo espressamente ne vieta la distruzione o l'introduzione di modificazioni che rechino pregiudizio al loro aspetto esteriore (articolo 151) ma assoggetta ad una rigorosa procedura autorizzatoria tutti gli interventi da eseguirsi (fatte salve le eccezioni indicate nell'articolo 152).
E' appena il caso di osservare che, sebbene la legge 78\2001 contempli soltanto le ipotesi di esclusione della procedura semplificata per l'esecuzione degli interventi contenute nell'articolo 2 comma secondo, appare di tutta evidenza che le opere la cui realizzazione vada ad incidere su interessi tutelati da altre specifiche disposizioni, dovranno sottostare comunque alla relativa disciplina (si pensi, ad esempio, agli interventi rientranti tra quelli disciplinati dalla vigente normativa urbanistica oppure eseguiti in aree protette assoggettate al regime stabilito dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394) (4).
Il legislatore prevede poi, oltre al duplice confine del divieto di alterazione di cui al comma quinto dell'articolo 1 e dell'assoggettabilità degli interventi ad altre discipline di tutela specifica di cui si è appena detto, anche il potere di sospensione dei lavori che l'articolo 28 del T.U. 490\99 attribuisce in specifici casi al competente sovrintendente (5).
L'articolo 3 della legge in esame disciplina i compiti dello Stato. Tra questi, va' evidenziata, in particolare, la possibilità di promuovere la collaborazione anche con gli Stati le cui forze armate operarono sul fronte italiano ovvero con gli stati loro successori, nonché la possibilità di promuovere o concorrere con gli interventi da eseguirsi fuori del territorio nazionale.
La disposizione, oltre ad "ufficializzare" una forma di collaborazione di fatto già esistente tra associazioni italiane e straniere, prendendo in considerazione anche gli interventi da eseguirsi all'estero sembra qui voler attuare effettivamente quella "riflessione storica" sulla Grande guerra di cui al comma quarto dell'articolo 1 che sarebbe forse risultata incompleta se limitata alle sole vestigia presenti nel territorio nazionale.
I successivi articoli 4, 5 e 6 prendono invece in esame le competenze dei ministeri dei beni culturali, della difesa e degli affari esteri.
Come appare agevole desumere dalla lettura dell'articolo 4, il Ministero per i beni e le attività culturali svolge un'attività non solo direttamente finalizzata al raggiungimento degli scopi della legge (ricognizione catalogazione e studio ed altre attività di cui al comma primo, lettera a), realizzazione del programma di tutela e valorizzazione degli archivi di cui al comma primo, lettera f)), ma anche di coordinamento, impulso e vigilanza delle attività svolte dai soggetti privati attraverso la fissazione di criteri tecnico scientifici (comma primo, lettera b)); di individuazione delle priorità degli interventi da eseguire (comma primo, lettera c)); di esecuzione diretta di interventi prioritari specie in mancanza o inadeguatezza degli interventi di altri soggetti (comma primo, lettera d)); di finanziamento degli interventi (comma primo, lettera e)) e di vigilanza anche attraverso la particolare figura dell' "ispettore onorario" di cui alla lettera g) del comma primo.
La medesima disposizione prevede, al comma secondo, l'istituzione di un Comitato tecnico scientifico speciale per il patrimonio storico della grande guerra da istituirsi con decreto del ministro per i beni culturali ed avente funzioni consultive e di indirizzo meglio descritte nei commi quarto e quinto.
Particolarmente significativo è, poi, l'apporto previsto dall'articolo 5 per il Ministero della difesa laddove si prevede per l'esecuzione degli interventi l'utilizzazione in particolare delle truppe alpine formalizzando, anche in questo caso, l'esercizio di un'attività già diffusa in passato sui teatri dei combattimenti, specie in zone di alta montagna difficilmente accessibili dove tali reparti possono sfruttare la massimo la particolare specializzazione e le specifiche dotazioni.
Non meno rilevante, inoltre, è l'attività di cura degli archivi e la catalogazione informatica delle fonti indicata come obiettivo prioritario dell'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'esercito che determinerà, ove realizzata, un indubbia agevolazione delle ricerche storiche.
Il Ministero degli affari esteri, in base al disposto dell'articolo 6, opera invece per la promozione ed il coordinamento delle attività da eseguirsi all'estero o in Italia con la partecipazione di stati esteri o soggetti stranieri.
Dei compiti attribuiti alle regioni si occupa l'articolo 7. A tale proposito va' ricordato che i primi interventi per la valorizzazione delle vestigia della grande guerra sono stati adottati proprio in sede regionale (si ricordi, ad es. la L. R. Veneto 16 dicembre 1997, n. 43 avente ad oggetto "Interventi per il censimento, il recupero e la valorizzazione di particolari beni storici, architettonici e culturali della grande guerra" (6)).
L'articolo 7 attribuisce dunque alle regioni attività di promozione e coordinamento delle attività (attenendosi, tuttavia, ai criteri tecnico scientifici fissati dal Comitato tecnico scientifico di cui si è detto in precedenza) di contribuzione al finanziamento delle attività e prevede, in particolare, che tali enti disciplinino con propria legge l'attività di raccolta dei reperti mobili ferme restando, comunque, le disposizioni dei successivi articoli 9 e 10 di cui si dirà tra breve.
Si è accennato, in precedenza, alle formalità da seguire per l'effettuazione della comunicazione relativa agli interventi da eseguire indicando anche gli atti previsti a corredo della documentazione medesima. L'articolo 8, che disciplina il finanziamento degli interventi mediante contributi statali, prevede tuttavia l'allegazione di ulteriori documenti da presentare alla competente sovrintendenza quale requisito per l'ammissione al contributo.
In particolare, il progetto esecutivo previsto dall'articolo 2, comma terzo dovrà essere accompagnato, oltre che dall'atto di assenso del titolare del bene, anche da un piano finanziario, da una relazione tecnica dettagliata (relativa alle procedure di conservazione e restauro dei manufatti e delle opere ed alla conformità' ai criteri tecnico-scientifici) e da un "programma temporale dei lavori", nonché dall'indicazione di un direttore dei lavori. La procedura per il rilascio è regolata dall'ultimo comma dell'articolo 8.
Una particolare disciplina riguarda, poi, i reperti mobili ed i cimeli che l'articolo 1 lettera d) individua tra i beni oggetto di tutela.
L'articolo 9 prevede infatti un obbligo di comunicazione al Sindaco per chiunque possieda o rinvenga reperti mobili o cimeli relativi al fronte terrestre della Prima guerra mondiale di notevole valore storico o documentario, ovvero possieda collezioni o raccolte dei citati reperti o cimeli. Il termine per la comunicazione è di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge o dalla data del ritrovamento. La comunicazione - da presentarsi nel luogo ove i reperti si trovano - deve contenere l'indicazione della natura, quantità e, ove nota, la provenienza dei reperti.
E' di tutta evidenza, considerato il tenore della disposizione, che non si tratta di un obbligo generalizzato, menzionando l'articolo 9 esclusivamente i reperti mobili e cimeli di "notevole valore storico o documentario" quelli, cioè, che per le loro caratteristiche assumono rilevanza ai fini della normativa in esame. Tutti gli altri reperti non sono dunque soggetti a tale obbligo.
Quanto all'impianto sanzionatorio, lo stesso è contenuto nell'articolo 10 che prevede sanzioni amministrative e penali.
Va subito detto che l'attività di accertamento delle violazioni appare obiettivamente difficoltosa considerati i luoghi ove risulta ubicata l'antica linea del fronte, spesso impervi e difficilmente raggiungibili. Nulla dice inoltre la legge in merito ai soggetti cui tale accertamento è demandato.
In mancanza di ulteriori precisazioni deve desumersi che, oltre ai soggetti normalmente abilitati ai controlli (ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria e, in particolare, quelli appartenenti al Corpo Forestale o ad altri reparti che normalmente esercitano i propri compiti istituzionali nei luoghi ove i reperti sono ubicati) svolgeranno un ruolo non indifferente gli "ispettori onorari" di cui all'articolo 4, comma primo, lettera g) quali unici soggetti cui la legge attribuisce compiti di vigilanza, auspicando che gli stessi siano individuati anche tra gli appartenenti a quelle associazioni che, ancor prima della promulgazione della legge in esame, autonomamente svolgevano importanti attività di conservazione e tutela dei luoghi storici contemplati dalle nuove disposizioni.
La prevedibile scarsità dei controlli ad opera dei soggetti istituzionalmente preposti consente tuttavia di ritenere che un'effettiva verifica del rispetto della normativa verrà di fatto affidata per lo più alla libera iniziativa degli appassionati frequentatori i luoghi storici attraverso segnalazioni alle autorità competenti.
Altro elemento di dubbio, con riferimento alle violazioni amministrative che verranno appresso esaminate, è dato dalla mancanza di indicazioni circa i soggetti tenuti all'applicazione delle sanzioni che determina così l'applicazione dei principi generali in materia di sanzioni amministrative (nella specie sembrano individuabili come tali le Sovrintendenze, ai sensi dell'articolo 17 Legge 689\81, in quanto uffici periferici cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione).
Quanto alle condotte amministrativamente sanzionate, va' ricordato che l'articolo 10, comma primo prende in esame l'ipotesi dell'esecuzione di interventi di modifica, restauro e manutenzione di forti, fortificazioni permanenti e altri edifici e manufatti militari; fortificazioni campali, trincee, gallerie, camminamenti, strade e sentieri militari, cippi, monumenti, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli, archivi documentali e fotografici, pubblici e privati, senza osservare l'obbligo di comunicazione alla Soprintendenza.
Tale fattispecie deve essere correlata con quella contenuta nel successivo secondo comma che prevede, invece, una più grave condotta penalmente sanzionata.
Come è dato rilevare dal confronto tra le due fattispecie, la violazione amministrativa di cui al primo comma sanziona esclusivamente l'inadempimento formale dell'obbligo di comunicazione la sussistenza del quale determina di per sé il perfezionarsi della violazione. Diversamente, nel caso in cui l'esecuzione dell'intervento, ancorché eseguito previa effettuazione della comunicazione, determini la perdita o il danneggiamento irreparabile delle cose ovvero l'alterazione delle loro caratteristiche materiali o storiche, si configura la violazione penale.
Con riferimento a quest'ultima deve osservarsi che la condotta è chiaramente descritta e riguarda ipotesi in cui, a seguito dell'intervento sulla cosa soggetta a tutela, vengano meno le particolari caratteristiche che ne giustificavano la sottoposizione alla normativa in esame. In tal senso vanno interpretati le espressioni "perdita", "danneggiamento irreparabile" e "alterazione delle caratteristiche materiali e storiche" utilizzate dal legislatore.
Non ogni intervento dannoso è dunque penalmente sanzionato, bensì esclusivamente quello che determina l'impossibilità di recuperare il bene alle sue caratteristiche originarie.
Quanto all'elemento soggettivo richiesto, trattandosi di reato contravvenzionale è sufficiente la colpa.
Va altresì rilevato che la scelta della pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda esclude la possibilità di estinguere il reato mediante oblazione. Restano tuttavia presenti i rischi connessi con il breve termine prescrizionale previsto per tale tipologia di reati.
Occorre infine segnalare come la violazione de quo rivesta natura sussidiaria essendo applicabile solo qualora il fatto non costituisca diverso reato.
Come rilevabile dalla semplice lettura dei primi due commi dell'articolo, le condotte prese in esame riguardano i beni indicati nelle lettere a), b), c) ed e) dell'articolo 1, secondo comma mentre per i restanti beni provvede l'ultimo comma dell'articolo 10 laddove è prevista una sanzione amministrativa in caso di inosservanza delle prescrizioni stabilite dall'articolo 9 in tema di reperti mobili e cimeli.
In definitiva, la lettura della legge 78\2001 induce ad un giudizio estremamente positivo per la scelta del legislatore di sottoporre a tutela beni particolarissimi come quelli presi in esame prevedendo una procedura poco macchinosa per l'esecuzione degli interventi sugli stessi. Resta però da verificare se e quando alle disposizioni emanate verrà data effettiva attuazione.